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editoriale

Tra oss e infermiere non mettere il dito

di Francesco Falli

La sortita del Migep sulle questioni dei ruoli e delle responsabilità professionali dell’infermiere, ben descritta dalla presidente nazionale Ipasvi Barbara Mangiacavalli come iniziativa priva di ogni supporto di carattere giuridico, tecnico e scientifico, entra a gamba tesa in un contesto abituale - ahimè.. - di questo Paese: quello di una diffusa precarietà delle regole del gioco.

Oss e infermiere, ma se rispettassimo le norme in vigore e basta?

oss infermieri

Oss e infermieri, si discute di riconoscimenti e responsabilità

In questo Paese, l’arrivo di un operatore che si potesse inserire fra l’infermiere e l’ausiliario è una idea che nasce negli anni Ottanta e che si è sviluppata insieme alla proposta, pressante, dell’ingresso della formazione in università per gli infermieri prima e per tutte le professioni sanitarie poi. Gli anni Novanta consentirono agli infermieri di approdare nelle università e già nel 1991 arrivò la figura dell’ota, operatore tecnico addetto all’assistenza; dopo un altro decennio si giunse alla costruzione della figura che oggi costituisce – a livello di adesioni- l’ossatura principale del Migep, l’oss, operatore socio sanitario.

I problemi che ruotano intorno alla figura dell’oss sono almeno rintracciabili in quattro grandi gruppi: c’è, in primis, quello normativo, legato a una generica ambiguità del testo della Conferenza Stato Regioni del 22.1.2001 che ne fotografa non sempre chiaramente le competenze; vi è poi quello organizzativo, che vede in molte realtà (pubbliche e private) un inserimento non adeguato nel team multi professionale; il terzo aspetto è quello formativo, sul doppio fronte universitario (non tutti i programmi svolti nelle sedi italiane trovano tempo e modo di illustrare bene chi è e cosa deve fare l’operatore socio sanitario ) e naturalmente sul fronte del corso oss, dove si è andati spesso a implementare accordi per percorsi formativi più brevi, se già in possesso di particolari requisiti (comunque in forma e modo diseguale nel Paese).

Infine, c’è una difficoltà culturale che costituisce un limite all’inserimento dell’oss, difficoltà alla quale partecipano, a vario titolo e in varia forma, tutti i principali attori e interpreti della sanità italiana. Inoltre, qualcosa manca anche a livello ufficiale, dunque normativo: se aprite, infatti, la pagina del ministero della Salute dedicata all’elenco delle professioni in sanità troverete che l’operatore socio sanitario, solo soletto, occupa la categoria “altre figure”.

Altra figura? E cioè? Cosa significa, esattamente? Questo dimostra il margine di ambiguità della questione. Non poche ragioni hanno gli oss e le loro associazioni di riferimento a chiedere chiarezza normativa, ma serve cautela e attenzione: ciò non può autorizzare in alcun modo lo sconfinamento nei territori chiaramente altrui.

Infatti, nel contesto professionale la responsabilità dei vari profili è disciplinata dalle norme in vigore, e non dal personale pensiero di Tizio, o dalle abitudini del reparto XY, o dall’ordine di servizio della Rsa WY! E la responsabilità dell’assistenza infermieristica è dell’infermiere (cfr DM 739 del 14.9.1994) e se questo non bastasse, possono (amaramente) bastare gli avvisi di garanzia sempre spediti agli infermieri in servizio quando c’è un problema che ha riguardato l’assistenza, e solo in determinate situazioni indirizzati anche al restante personale.

Nella assistenza infermieristica, la responsabilità di pianificazione è demandata al solo infermiere, mentre la responsabilità di esecuzione è assunta sia dall’infermiere che dall’oss.

La tentazione, per chi rappresenta gli oss a vario livello, di chiedere delle forme di riconoscimento che possano andare oltre quanto pare possibile, data la formazione e l’impianto della figura, riconosce un motivo nei precedenti di questo Paese: queste forme sono le famigerate sanatorie, che permettono di arrivare dove la vigente normativa non consente.

Quelli che se lo ricordano sono ormai pochi, ma nel periodo che andò dal 1980 al 1986 partì la strategia dell’infermiere unico e polivalente, sostenuta dalle organizzazioni sindacali del tempo. Partì un percorso di riqualificazione straordinaria (Legge 243 del 3.6.1980), una sanatoria che aveva trasformato gli infermieri generici in "professionali", con corsi interni che calcolavano le ore di lavoro come ore di formazione…

Una botta niente male (sic!) alle ambizioni della categoria: vennero contestualmente chiusi i corsi di specializzazione, e si tentò di eliminare la figura del capo sala (oggi: coordinatore infermieristico). Esisteva, marcata, la tendenza al livellamento (verso il basso…) sostenuta dalla filosofia del tutti possono fare tutto.

Si trova in Rete una citazione, sull’argomento, molto interessante, a cura della Scuola superiore dell’economia e delle finanze, di certo un testimone più neutrale di chi scrive: Gli anni Ottanta ereditano il lungo, acceso e controverso dibattito politico, sindacale e professionale sul concetto di infermiere unico e polivalente. Il confronto poggia sul principio, dimostratosi poi non così vero, che avere nei servizi tutti infermieri professionali avrebbe automaticamente determinato un aumento della qualità dell’assistenza. In pratica, questa citazione conferma che non avere ruoli definiti e chiari dentro la equipe aggiunge soltanto confusione!

C’è poi la questione terapia e su questo la legislazione è piuttosto ferma e netta: è solo l’infermiere il garante della corretta applicazione delle prescrizioni diagnostico terapeutiche (art 1- comma 3, punto d del DM 739/1994). Ora, abbiamo situazioni dove si somministrano farmaci in assenza di infermieri, e ciò avviene in particolare in alcune strutture della sanità privata. Eppure, questo compito complesso non può essere fatto da altre figure, cosa già ricordata in più di una sentenza (ad esempio, quella del Tar toscano dell’11/6/1998, la numero 552).

Qui si potrebbe benissimo agire lavorando meglio sull’organizzazione, a partire dalla definizione di fasce orarie di servizio dell’infermiere e terapia compatibili. E forse sarebbe bene osservare con occhio attento anche la scrittura, la redazione di una prescrizione parenterale programmata in una fascia oraria nella quale, notoriamente, non sono previsti, in quella realtà, degli infermieri.

È qui che il Migep chiede di riconoscere - forzando la norma - ciò che già avviene nei fatti, usando lo stesso criterio distorto che varò la citata Legge 243/80: in pratica, siccome abbiamo oss che fanno cose da infermieri, diamo loro maggiori riconoscimenti normativi (ed economici).

E se invece cercassimo di rispettare le norme in vigore, tutti. E non di avere nuove norme che vadano a sanare le storture del caso?

Lavorare in team comporta sempre il riconoscimento dell’altro, del suo agire, insieme al rispetto dei suoi limiti operativi e delle sue caratteristiche normative e professionali: partire dalla buona conoscenza di chi fa che cosa, è alla base del buon lavoro di squadra: di tutta la squadra, qualsiasi ruolo si rivesta in essa. E questo sempre, e ovviamente non solo nei team sanitari, ma ovunque vi siano obiettivi comuni a più diverse professionalità e inquadramenti.

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Commenti (10)

fabio1979

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anche le capre parlano

#10

Marco Dante cosa ti hanno riconosciuto? hai un corso con un attestatino su dai. Se vuoi riconosciuto qualcosa... bisogna STUDIARE, LAUREA di primo livello, Ordine, Albo Professionale, Professionista Sanitario a te parole sconosciute a quanto pare. Tu conosci solo le parole "Personale di supporto e ausiliario". Ti rode eh... Datti pace

frederik881

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OSS = AIUTO INFERMIERE NON SOLO IN TEORIA MA NELLA SOSTANZA

#9

Per poter parlare di aiuto infermiere occorre averne le competenze, non significa necessariamente una laurea o un diploma ad hoc (che sarebbe anche possibile) ma un programma serio e una formazione unica a livello nazionale. Poi i furbetti che ottengono un pezzo di carta pagando due o tremila euro senza nemmeno un giorno di formazione o di corso sappiamo che esistono e che nella vita lavorativa valgono zero perché pensano che basta cambiare un pannolone per fare assistenza.
Forse occorre una diversa mentalità e porre una serie di paletti, perché persone che pensano di sostituirsi all'infermiere ce ne sono già troppe, a cominciare dai parenti che hanno le richieste piu assurde e spesso possono essere la principale causa di morte dei loro congiunti per errori assistenziali.
Allora le competenze prima di tutto, poi l'attribuzione di competenze all'OSS é sempre possibile e può ampliarne l'ambito di operatività, pur rimanendo l'infermiere responsabile dell'assistenza generale e infermieristica come cita il testo di legge.
Ci sono moltissimi infermieri che "si sporcano le mani" senza paura e collaborano cosi come molti OSS collaborano e cercano di collaborare e ampliare le proprie conoscenze per lavorare meglio ma forse sono ancora pochi.
Aspettiamo una riforma che dia un nuovo impulso a queste figure magari anche con qualche riconoscimento economico per chi si aggiorna (ECM per tutti?)

frederik881

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Operatore SocioSanitario

#8

Almeno nel nome dovrebbbe essere un sanitario, una figura che aiuta l'infermiere, e dovrebbe avere almeno un diploma e una formazione di uno o due anni con un programma serio unico a livello nazionale e seguito da università e aziende ospedaliere per garantire un livello sufficiente di assistenza a tutti ed evitare che personaggi privi di firmazione o addirittura che nemmeno parlano l'italiano possano fare danni alla salute dei pazienti. Esiste da tempo in Europa la figura di Aiuto infermiere e non solo potrebbe ma dovrebbe essere applicata anche nel nostro paese a parità di condizioni e di possibilmente retribuzione (formazione di almeno 1436- 1600 ore) con un albo regionale dove solo chi ha superato un esame alla presenza di un rappresentante IPASVI può conseguire il titolo edi conseguenza essere iscritto.
Poi dovrebbe essere garantito il riconoscimento dei crediti formativi per proseguire la propria istruzione eiscriversi a infermieristica come avviene in altre realtà europee.
Dovremmo diventare un paese normale insomma.
In passato ai corsi OSS accedevano solo extracomunitari di varia etnia o persone con disagio sociale o disabilità varie, ora vi pongo la domanda: che tipo di assitenza ci posssiamo aspettare da una persona che a malapena capisce l'italiano o a malapena riesce ad assistere sé stesso perché disabile? Forse dovremmo pensare ad una sanità di qualità e non di quantità.

Marco Dante

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LA VERITÀ FA MALE

#7

Ma tu che ne sai dei nostri titoli? Oppure esiste solo la Laura di infermiere,prendiamo gli stessi soldi perche lo stato riconosce che poi alla fine non siete tt sti fenomeni e a rodervi il culo sicuramente ci siete voi non io,se c aumentano i diritti e i riconoscimenti vuol dire che ce lo siamo meritati con il lavoro e sudore e la vostra è solo invidia ma che ci da a noi tanta soddisfazione.

John_coffee

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Mah

#6

Oh scusa, la seconda superiore e non la terza media.. sai che grande differenza.. fate un corso di un anno, non sapete UN Xxxx, prendete praticamente gli stessi nostri soldi, avete zero responsabilità, ma volete di più. Invece di fare i frustrati fatevi la laurea, prendetevi i titoli così poi fate tutto quello che vi pare e non rompete le palle.

Marco Dante

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Diciamo le cose come stanno

#5

SALVE.HO FATTO IL PRIMO CORSO DI O.S.S. USCENTE,PRATICAMENTE QUANDO ERO O.S.S IO LO ERAVAMO SOLO IN 20 IN TUTTA L' ITALIA.CMQ DETTO QUESTO VOLEVO PRECISARE 2 COSETTE VISTO CHE ORMAI SONO BUTTATO DENTRO GLI OSPEDALI DA PIU' DI15 ANNI.SIGNORINA INFERMIERA PRESUMO,LE RICORDO LE LEI FA LE STESSE CISE DEGLI INFERMIERI PROFESSIONALI DI TANTI ANNI FA DOVE NN AVEVANO NE IL DIPLOMA NE LA LAUREA AI TEMPI E LO HANNO FATTI SENZA DIFFICOLTA" SI VEDE CHE TUTTA QUESTA ISTRUZIONE NN SERVE ALKA FINE.POI DI TUTTI I COMMENTI CHE LEGGO MAI UN ARGOMENTO CHIARO E SPICCIO.DETTO QUESTO PENSO CHE IL VERO PROBLEMA DI TUTTO NON SIA NE QUESTO NE QUELLO MA LA ( MERDA).ALLORA PER ME TI PUOI PRENDERE TUTTE LE LAUREE CHE VUOI E IL E RIDURRE IL DIVARIO CON IL MEDICO QUANTO VUOI MA QUANDO SI DEVE SPALARE LA CIOCCOLATSA LEI SIGNORINA I FERMIERA VIENE CON ME SI METTE DALL' ALTRA PARTE E CI SPARTIAMO LA CIOCCOLATA,E NON MI VENIRE A DIRE NN MI SPETTA OPPURE SE C' È L' O.S.S IO NN DEVO PERCHÉ NN ME NE FREGA UN C... IO IL GIRO LETTI LO FACCIO AFFIANCATO ALL' INFERMIERE ,COSI DICE LA LEGGE E COSI SI DEVE FARE.IO HO STUDIATO L' ASSISTENZA INFERMIRISTICA AL CORSO DA UN LIBRO ROSSO INTITOLATO"ASSISTENZA INFERMIERISTICA DI BASE DI UN INFERMIERE CHE AVEVA STUDIATO ANNI PRIMA LI E POI L' HO RESTITUITO.DUNQUE SE PULIRE LA CIOCCOLATA RIENTRA COME ARGOMENTO NEL LIBRO'' ASSISTENZA INFERMIERISTICA, NON OSSISTICA, E' OVVIO CHE VI COMPETE ECCOME.CMQ DETTO QUESTO E SCUSATE LA SCHETTEZZA SE SI CONTINUA DI QUESTO PASSO LA SANITÀ NN ANDRA' DA NESSUNA PARTE.

Mauro.losardo

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John_coffee

#4

caro amico sei male informato......per fare l'OSS ci vuole il diploma oppure il 2° anno di scuola superiore non la terza media.... l'ignoranza è una brutta cosa....perchè ti rode cosi tanto??

John_coffee

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MA SCHERZATE?

#3

Ma ceeerto! Diamo a una figura che non è un professionista, che fa un corso di un anno (per il quale basta avere la terza media, RIPETO LA TERZA MEDIA) e diamogli a caso competenze e responsabilità sanitarie. Ma per piacere.. siamo proprio alla frutta.

Migep

#2

""E se invece cercassimo di rispettare le norme in vigore, tutti. E non di avere nuove norme che vadano a sanare le storture del caso?""

è come dire, "va male ma facciamocelo andar bene che potrebbe andare peggio"
sembra riaffermarsi la volontà, della categoria infermieristica, di voler mettere un veto sulla problematica degli Oss, come dovessero loro esserne i risolutori; Quello che abbiamo sollevato è un non luogo in cui l'oss, come giustamente descritto (formazione inadeguata, competenze non chiare) va ad intervenire, applicando competenze per demandamento dell'infermiere, adoperandosi come un robot o alla stregua di un apparecchio d'uso o come un prolungamento dell'infermiere.
Gli Oss sono forse la figura che piu oggi sta a contatto con l'utente in tutta quell'area che è l'assistenza di base, eppure sono disconosciuti, sia dalle altre categorie sia dallo stato che appunto li classifica in "altre figure", come ci si sente a stare in prima linea eppure sempre ultimi? Per questo si chiede un riconoscimento della professione, passo propedeutico ad aprire la possibilità per l'oss di rivedere la propria formazione e le proprie competenze, da cui vuole trarne una professione vera; Non si è parlato di competenze infermieristiche per l'oss, ma bensi di un attribuzione di ciò che gia l'oss svolge in "autonomia" nell'assistenza diretta; Questa non è una SANATORIA, gli oss non godranno del beneficio delle mille sanatorie godute dall'infermiere dal 74 al 90, che ha visto riqualificarsi infermieri, professionali, regionali, a diploma e laureati, lasciando naturalmente i loro colleghi generici ad una piccola finestra di 5 anni, che non ha dato la possibilità al generico di mettersi al pari, pari che equivaleva non ad una riqualifica ma dava l'accesso al corso professionali di 3 anni, generici che avevano 15-20 anni di servizio si sono visti divenire allievi.
si parla di un riconoscimento e poi di allestire un tavolo tecnico per formazione profilo e competenze.

Francescom

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45 commenti

Vediamo se ho capito bene

#1

L infermiere puó svegliarsi la mattina "sentirsi pronto" e iniziare a invadere l area di competenza del medico (raccolta dati anamnestici, diagnosi in emergenza, gestione diabetici attraverso valutazioni ematochimiche e cliniche etc etc) ; l oss non puó neanche pensare di accaparrarsi delle competenze infermieristiche. A rigor di logica la dovrebbe essere più facile per un oss sostituire un infermiere che per in infermiere sostituire un medico. Il gap formativo è molto più ridotto nel primo caso