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Pubblico Impiego

Mille euro in meno alle pensioni degli infermieri

di Monica Vaccaretti

Pubblico Impiego

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La pensione degli infermieri dipendenti pubblici, salvo modifiche dell’ultima ora, sarà più povera di 1000 euro. Lo ha stabilito la manovra 2024 del Governo Meloni che, oltre a definire nuove modalità di accesso alla pensione senza fare alcuna riforma, prevede una serie di misure dedicate alla previdenza della prossima Legge di Bilancio. Insorgono i sindacati: Revisioni norma solo per dirigenza medica? Pronti a sit-in e mobilitazioni, tuona il Nursing Up.

Taglio pensioni, gli infermieri tra i più penalizzati dalla Manovra

infermiera corridoio

La manovra 2024 del Governo Meloni ha stabilito una pensione più povera di 1000 euro per gli infermieri.

Sostanzialmente è previsto un taglio delle pensioni di alcuni dipendenti pubblici. L'assegno subisce un importante ridimensionamento nella quota retributiva della pensione per i lavoratori degli enti locali e della sanità, gli insegnanti e gli ufficiali giudiziari che hanno iniziato a lavorare tra il 1981 e il 1995 e che hanno versato contributi nel regime retributivo prima del 1996.

Proiettando questi tagli fino all'attesa di vita media, i mancati guadagni da parte di questi futuri pensionati sono notevoli. Anche se il taglio diminuisce per anzianità più marcate, resta tuttavia molto significativo.

L'articolo 33 del testo di Manovra già depositato al Senato prevede un ricalcolo delle future pensioni, modificando la tabella delle aliquote di rendimento delle gestioni previdenziali con livelli di adeguamento meno significativi rispetto a quanto previsto sinora. Ciò comporta che le pensioni saranno più leggere.

Sino ad oggi questi lavoratori hanno percepito una pensione con una percentuale dell'ultima busta paga, a cui si aggiungono tutti i contributi versati nella propria carriera lavorativa. Basta aver lavorato anche un solo giorno prima del 31 dicembre 1992. Gli esperti stimano che con questa manovra i tagli potrebbero raggiungere il 20% dell'assegno previsto.

Allo scopo di garantire una maggiore equità sociale ed equilibrare le due diverse forme pensionistiche, considerando l'insostenibilità delle pensioni rispetto al mondo del lavoro, sono state aggiornate le aliquote, introdotte nel 1965, che definiscono i tassi di rendimento pensionistico applicati a quattro specifiche casse previdenziali pubbliche (Cdpel, Cps, Cpi, Cpug) che oggi fanno parte dell'INPS, l'istituto nazionale di previdenza sociale, dopo la fusione con l'INPDAP.

Queste quote, che assegnavano un peso diverso agli anni lavorati nel periodo retributivo, favorivano i dipendenti pubblici rispetto a quelli privati e ponevano sostanziali differenze tra diverse categorie di lavoratori pubblici. Per le quattro categorie interessate oggi dalla manovra le aliquote di rendimento erano particolarmente elevate nei primi anni. La nuova tabella introdotta dal Governo, che entrerà in vigore il 1° gennaio 2024, sostituisce quella del 1965, facendola partire da zero ed incrementandola del 2,5% all'anno.

Il taglio della pensione colpirà i primi 31500 dipendenti pubblici già il prossimo anno, tra cui 27100 lavoratori degli enti locali, camere di commercio ed infermieri. Nel 2043 ne saranno invece interessati 732.300. Su costoro, che secondo le vecchie regole tabellari avrebbero accumulato 3,5 miliardi lordi di pensioni, con l'aggiornamento attuale delle aliquote lo Stato risparmierà 2,3 miliardi netti.

Pur essendosi focalizzata su interventi di coesione e sostegno dei redditi di lavoratori, pensionati e famiglie, le polemiche sono numerose verso tale manovra, soprattutto tra gli operatori sanitari. Non piace la quota 103 secondo la quale, oltre a dilatare le finestre di uscita da 3 a 9 mesi, il valore lordo mensile dell'assegno pensionistico - il cui importo è calcolato secondo il sistema contributivo – avrà un tetto massimo.

Secondo alcune sigle sindacali, è auspicabile superare la legge Fornero rimuovendo le penalizzazioni sulla quota 103 e quelle sulle rendite pensionistiche retributive delle quattro categorie individuate.

Per il Sistema Sanità sono state previste risorse aggiuntive, sbloccando 8 miliardi complessivi per il 2024, e 3 miliardi per il rinnovo contrattuale 2022/2024 con il potenziamento del Fondo Sanitario Nazionale. Sono stati previsti incentivi sulla detassazione degli straordinari e premi obiettivo per abbattere le liste d'attesa.

Le pensioni sono state adeguate all'inflazione, ponendo l'indicizzazione piena fino a quattro volte il trattamento minimo e l'incremento straordinario per le pensioni minime. Tuttavia, bisognerebbe attuare una piena rivalutazione di tutte le pensioni. Inoltre, per sostenere ed incentivare l'adesione per la previdenza complementare, servirebbero stipendi più elevati così che il lavoratore riuscirebbe a mettere da parte ogni mese una cifra sostenibile e non irrisoria.

Certamente quello che serve alla sanità è sbloccare le assunzioni, investire sulla medicina territoriale, garantire il diritto alla salute e prestazioni sanitarie in ogni territorio. Ma le pensioni, come i salari, dovrebbero essere innalzati a livelli dignitosi attraverso una nuova ed efficace politica dei redditi. Dopo aver lavorato tutta una vita, sarebbe socialmente giusto incassare un assegno non depauperato.

Così la norma sul ricalcolo dei futuri assegni pensionistici spinge i medici ad andare in pensione subito, entro la fine del 2023, compresi quelli che avevano maturato i requisiti ma che prevedevano invece, con tutte le buone intenzioni di aiutare il SSN con la propria professionalità, di restare ancora per qualche anno. Lo denuncia il sindacato Anaao-Assomed.

Per evitare l'abbandono del SSN da parte dei medici ospedalieri e lo sciopero che potrebbe essere indetto dalla Federazione nazionale degli Ordini dei Medici (Fnomceo), il Governo potrebbe essere disposto a correggere la manovra per questa categoria presentando un maxiemendamento “salva medici”.

In nome di una giustizia sociale sarebbe auspicabile salvaguardare i diritti previdenziali acquisiti anche deiprimi 13.000 infermieri coinvolti dalla Manovra, oltre dei primi 6000 medici per i quali si propone un emendamento. Se fuggono anche gli infermieri, il Servizio Sanitario Nazionale è a rischio, è l'allarme della Fnopi.

Ricalcolo pensioni inaccettabile, Nursind proclama stato di agitazione

Non si cambiano le regole del gioco a partita in corso. Il ricalcolo delle pensioni retributive contenuto in manovra è inaccettabile per una categoria che è già ridotta al lumicino e a cui la nuova norma darà solo il colpo di grazia, incentivando ancora di più la fuga di infermieri o verso nuovi lavori o fuori confine.

Con queste parole Andrea Bottega, segretario nazionale del Nursind, annuncia la decisione presa dal Consiglio nazionale di proclamare lo stato d’agitazione.

Lo spiraglio aperto dal sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon, non basta a tranquillizzarci. Se il governo non tornerà sui suoi passi - prosegue Bottega - siamo pronti allo sciopero. Non è accettabile che un infermiere assunto per esempio nel ’92 arrivi a perdere, secondo le nostre stime, circa 6mila euro lordi all’anno di pensione.

Si tratta di una cifra enorme, considerando lo stipendio medio di un professionista - rimarca il segretario -. Senza contare che un cambio di regime previdenziale così improvviso non darebbe neppure il tempo di ragionare su una exit strategy. L’unico effetto che produrrebbe, questo sì, è di accelerare ancora di più gli addii in seno alla categoria. Col rischio per l’Italia di ritrovarsi con circa 13mila infermieri in meno, come sostiene la Fnopi.

La nostra protesta - aggiunge - però non riguarda solo gli assegni previdenziali, ma anche le risorse stanziate in legge di Bilancio per i rinnovi contrattuali, del tutto insufficienti a una piena valorizzazione della professione. Siamo di fronte, infatti, a un finanziamento che riesce a mala pena a coprire l’anticipo della vacanza contrattuale che percepiremo a dicembre. In una parola: briciole.

Insomma, non c’è alcuna prospettiva di migliorare le condizioni lavorative ed economiche degli infermieri né di coprire il turnover e potenziare la sanità territoriale, conclude Bottega.

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