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Licenziata a Macerata per aver rifiutato il vaccino

di Giordano Cotichelli

Responsabilità Professionale

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Con il licenziamento dell'ostetrica di Macerata per mancato obbligo previsto dalla legge 119/2017, in tema di vaccinazioni per le figure sanitarie si è creato un precedente importante di una legge che entra in maniera autoritaria all’interno del rapporto di lavoro e lascia ben poco spazio a valutazioni, verifiche, ridimensionamenti di sorta. Poco da regolamentare, dirà qualcuno, quando si tratta della sicurezza dei pazienti. Giusto, ma in tema di sanità pubblica tanto rigore sarebbe da applicare in misura decisamente maggiore, anche per situazioni molto più depauperate e pericolose di quelle inerenti le questioni vaccinali. Al tempo stesso è da chiedersi perché mai l’ostetrica abbia mostrato un atteggiamento così riluttante alla vaccinazione trivalente, a fronte dell’assenza di evidenze scientifiche sulla sua pericolosità in caso di pregressa immunizzazione di una o più patologie infettive. Non se ne capisce né il senso né la validità.

Ostetrica licenziata per giusta causa, ma c'è qualcosa che manca

Nei giorni scorsi è rimbalzata sui media la notizia del licenziamento di una ostetrica in servizio presso l’Ospedale di Macerata. La giusta causa addotta dalla Determina del Direttore Generale dell’Area Vasta 3 di Macerata fa riferimento al mancato obbligo, previsto dalla legge 119/2017, in tema di vaccinazioni per le figure sanitarie.

Quello accaduto sembrerebbe nei fatti il primo caso di applicazione della normativa, con la conseguente cessazione del rapporto di lavoro immediato, per una professionista dopo 30 anni di servizio, a pochi mesi – stando alle informazioni dei quotidiani – dal pensionamento. Il tutto in conseguenza della rilevazione, sembrerebbe in maniera casuale, di una titolazione anticorpale nei riguardi di una malattia - la parotite – di cui corre l’obbligo vaccinale, risultata non valida come copertura immunitaria.

Di fronte ai dati di laboratorio la necessità di vaccinarsi si è fatta quindi strada, sul piano applicativo e su quello sanzionatorio; quello in cui sarebbe incorsa l’ostetrica opponendo un rifiuto a sottoporsi al vaccino trivalente, in quanto coperta sia per il morbillo sia per la rosolia, richiedendo la sola vaccinazione monovalente relativa alla parotite, dato che un richiamo immunitario, in relazione alle altre due malattie, non l’avrebbe garantita – secondo l’ostetrica - pienamente da reazioni avverse.

Tanto è bastato alla Direzione per interpretare l’opposizione della professionista come un rifiuto verso il quale, secondo i cronisti, più volte è stato chiesto un ripensamento, fino al momento in cui, alla fine, è scattato il licenziamento. Provvedimento contro il quale l’ostetrica ha annunciato che farà ricorso.

In sintesi questi i fatti raccolti dai media, ma c’è qualcosa che manca. Qualcosa di non detto e che lascia, come troppo spesso accade negli ultimi anni, con troppe apparenti certezze e poche argomentazioni.

L’episodio narrato è di quelli che si prestano bene a titoloni di stampa e a torrenti di commenti sui social punteggiati di like, condividi, ed emoji di ogni tipo. Alla fine ognuno ha pronta la verità cui affiliarsi, lo schieramento per cui parteggiare, senza che però, ragioni ed argomenti abbiano la benché minima possibilità di farsi strada ad interpretazione dell’accaduto.

Eppure basterebbe poco, molto poco. Proviamo a tracciare un quadro riassuntivo del tutto.

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