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COVID-19

Le persone cominciano a vederci come patrimonio collettivo

di Fabio Albano

Difficilmente qualcuno di noi infermieri si sarebbe mai potuto immaginare un periodo così difficile da affrontare, sia come soggetti sociali che come professionisti della salute. Abbiamo vissuto - e alcuni di noi ne sono stati interpreti - questa immane tragedia che non si potrà mai scordare e che, anzi, passerà alla storia e proprio sui libri di storia troverà il seguito che merita. Ma tutte le tragedie umane, anche le più importanti, portano con sé un qualcosa di positivo. Condizione, questa, che non muta il corso della storia, ma aiuta a vedere, con magari un briciolo di ottimismo in più, un futuro che di roseo non pare avere proprio nulla.

Con l'emergenza Covid-19 le persone hanno cambiato visione sugli infermieri

Quella piccola parte di luce è data, anche, dalla percezione che le persone hanno avuto dei professionisti della salute. Percezione positiva che vede noi Infermieri in prima linea. Grazie a tutti quei colleghi che hanno operato in frontiera, a tutti quelli che non ce l’hanno fatta, a tutti quelli che hanno rischiato di non farcela. Ma anche a tutti i loro famigliari che hanno saputo attenderli.

Per più di un mese tutti i TG nazionali e non hanno aperto le loro trasmissioni parlando di noi, anzi di voi; le fotografie di colleghe esauste hanno fatto il giro dei social e dei giornali più letti in Italia. Colleghe intervistate come star del momento.

Le persone estranee al nostro operato hanno cominciato a vederci non più come parte del problema, ma come un bene e un patrimonio collettivo, nazionale.

Ma cosa è cambiato rispetto a soli tre mesi or sono? È mutato il sentire delle persone nei nostri confronti. Non veniamo più visti come algidi professionisti che fanno della sola tecnica il loro agire quotidiano. La tragedia immane ha avuto cassa di risonanza adeguata, così che la sensibilità e l’umanità di cui siamo stati capaci ha trovato proporzionato ascolto.

Siamo stati capaci di umanizzare i nostri momenti di cura rendendo i pazienti consapevoli dei nostri sentimenti

Come categoria professionale non siamo stati premiati del bene collettivo per le sole nostre competenze tecniche ma, soprattutto, per il nostro amore donato. Questa condizione è bellissima.

Forse in altre occasioni e con minore cassa di risonanza non siamo stati capaci di mostrare le nostre doti di umanità, probabilmente perché non si erano mai poste la condizioni per porle in evidenza. Ma forse anche perché la nostra professione, in tempi recenti, si è rivolta verso un tecnicismo e una frammentazione del sapere che mal si pone nei confronti dell’ammalato (fate caso che è una parola che è andata fuori moda).

Questa difficile condizione ha, purtroppo, trovato terreno fertile in una Sanità che ha ridotto all’osso il numero di infermieri presenti nei luoghi di cura. Un impoverimento contabile che non era stato, almeno sino a marzo scorso, compreso dalle persone bisognose di cura.

La nostra difficoltà più grossa era diventata trovare il tempo per la gentilezza. Oggi abbiamo ostinatamente e fortemente voluto riappropriarci di questa nostra competenza non tecnica. Siamo bravi Professionisti? Sì, lo siamo e lo abbiamo dimostrato donando amore e gentilezza, mostrando passione e consapevolezza, dispensando sorrisi anche nei momenti più difficili. Ma anche sapendoci adattare a tempi e ritmi di lavoro particolarmente pesanti e stressanti; tanti di Voi si sono dovuti reinventare una professione che avevano smarrito o mai incontrato.

Quante/i colleghe/i sono passati da una Sala Operatoria a una T.I. e quante/i provenivano da un’attività ambulatoriale? Nel momento del maggior bisogno siamo stati capaci di mettere in pratica tutto quel sapere, quelle competenze tecniche che non ricordavamo neanche più di possedere.

Abbiamo saputo interpretare alla perfezione il ruolo di chi è a conoscenza che i processi di cura, per risultare efficaci, abbisognano di competenze tecniche e non.

Finita l’apocalisse nessuno si aspetti grandi cose da uno Stato che è povero e/o da governanti o parlamentari che hanno la memoria corta. Ci vorranno anni prima che la nostra economia si ristabilizzi verso indici di positività. Gli aiuti europei serviranno a scongiurare, speriamo, il default della nostra economia. Economicamente, almeno adesso, non vi sarà alcun importante cambiamento per noi, ma la nostra capacità di risultare fondamentali nei luoghi e nei processi di cura risulterà un buon viatico verso un giusto riconoscimento sociale corredato da un altrettanto adeguato riconoscimento economico.

Ma tutto ciò sarò merito vostro, unicamente vostro, di chi ha passato in trincea i momenti più difficili di questa vicenda. Tanti altri saliranno sul carrozzone dei “vincitori”, la storia, con la esse minuscola, dice questo, purtroppo.

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