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FNOPI

Associazioni pazienti chiedono infermiere prescrittore

di Redazione

L'infermiere sia prescrittore di alcuni farmaci non etici, di automedicazione e, soprattutto, dei presidi per gestire determinate forme di assistenza. È la richiesta scritta che le associazioni dei cittadini pazienti hanno rivolto al ministro della Salute Roberto Speranza, ai sottosegretari alla Salute e al direttore generale della programmazione del ministro. La lettera porta la firma della Federazione italiana delle associazioni di volontariato in oncologia (Favo), Federazione italiana incontinenti e disfunzioni del pavimento pelvico (Fincopp OdV), Federazione delle associazioni italiane paratetraplegici (Faip), Federazione italiana per il superamento dell'handicap (Fish), Associazione italiana stomizzati (Aistom OdV), Associazione italiana malformazioni ano rettali (Aimar onlus) e dell'Associazione italiana spina bifida (Asbi).

Infermiere prescrittore, appello a Speranza da parte dei pazienti

Le associazioni dei cittadini pazienti, che rappresentano oltre 10 milioni di cittadini, pari al 17% circa della popolazione italiana, nella loro missiva chiedono l'aggiornamento dei Livelli essenziali di assistenza (Lea), perché la possibilità prescrittiva sia estesa agli infermieri e, in alcuni casi, anche ai fisioterapisti. Il Dpcm sui Lea dice che è fatta salva la possibilità per le regioni e per le province autonome di individuare le modalità con le quali la prescrizione è consentita ai medici di medicina generale, ai pediatri di libera scelta ed ai medici dei servizi territoriali. I prodotti per la prevenzione e il trattamento delle lesioni da decubito sono prescritti dal medico nell'ambito di un piano di trattamento di durata definita, eventualmente predisposto dallo stesso medico; il medico prescrittore è responsabile della conduzione del piano e le associazioni chiedono formalmente che questo venga esteso, ad esempio, anche all'infermiere stomaterapista, all'infermiere uro-riabilitatore e al fisioterapista, per quanto di loro competenza.

Osiamo far rilevare - si legge - che in Inghilterra da oltre trent'anni gli infermieri possono prescrivere ai pazienti dispositivi medici monouso e nessuno reclama, ma tutti ringraziano. Questo perché, prosegue la missiva, l'infermiere, professionista di prossimità se formato ad hoc è in grado garantire la presa in carico della persona assistita anche per quanto attiene la prescrizione dei dispositivi medici monouso, oltre che per favorire la sburocratizzazione dei percorsi (Pdta) per l'acquisizione degli stessi. Altrettanto dicasi per l'importante figura del fisioterapista, specie in materia di incontinenza e riabilitazione del pavimento pelvico.

Secondo le associazioni la modifica dei Lea eviterebbe spaventosi iter burocratici che i cittadini devono subire per ottenere ogni due mesi i dispositivi medici monouso (sacche, placche, cateteri, cannule tracheali, pannoloni, traverse, ecc..) dalle regioni, dalle aziende sanitarie locali e dai distretti socio-sanitari, su pressione dei propri associati e stanchi di subire iter burocratici al limite della dignità umana.

La richiesta di infermiere prescrittore era giunta in precedenza dalla Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi), sulla scia del proprio documento presentato in occasione dei pareri sul Pnrr, messo a punto da un Advisory board di personaggi illustri del mondo sanitario, proposto da Silvio Garattini, presidente del Mario Negri di Milano, per adeguare le competenze infermieristiche alle esigenze, identificare meglio il ruolo nei vari setting assistenziali anche in relazione agli standard di esiti di cura attesi sulla popolazione.

La presidente Fnopi, Barbara Mangiacavalli, spiega che cambiare rotta sugli interventi terapeutici grazie all'ampliamento delle competenze, a partire dalla possibilità di prescrivere alcune classi di farmaci e presidi che rientrano nella loro sfera di conoscenza e competenza appare un percorso inevitabile, anche sugli interventi assistenziali, definendo la piena ed esclusiva funzione di cura e non di supplenza delle altre professioni sanitarie, e superando la frammentazione e la disomogeneità dei modelli regionali, conclude.

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