Nurse24.it
scopri il programma della pediatric masterclass

FNOPI

Ogni anno circa 400 infermieri lasciano l’Italia

di Redazione

Ogni anno abbiamo mediamente 400 infermieri che lasciano l'Italia per andare a lavorare nei Paesi anglosassoni. Lo ha affermato la presidente della Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi), Barbara Mangiacavalli, in occasione dell'evento "Le nuove sfide del territorio nell'endemia post-Covid. Stakeholder a confronto per una migliore presa in carico della cronicità", al Roma Eventi Fontana di Trevi. E sulla cancellazione del vincolo di esclusività: passo storico, è stata tolta una cosa che ci portavamo dietro da 30 anni, ovvero l'incompatibilità del cumulo di impiego.

Lavorano soprattutto in paesi anglosassoni, in patria non sono valorizzati

Barbara Mangiacavalli, presidente Fnopi, durante il suo intervento all'evento "Le nuove sfide del territorio nell'endemia post-Covid. Stakeholder a confronto per una migliore presa in carico della cronicità"

Siamo a circa 20mila infermieri italiani, formati in Italia, pagati con una formazione nelle università italiane che stanno lavorando all'estero. Al momento questi colleghi non hanno alcuna intenzione di tornare in Italia, perché se lo fanno perdono tutte le competenze acquisite nei Paesi anglosassoni e in Italia non si riesce ancora a valorizzare ciò che hanno acquisito.

Così la presidente Fnopi, Barbara Mangiacavalli, nel corso del suo intervento in occasione dell'evento SUMAI "Le nuove sfide del territorio nell'endemia post-Covid. Stakeholder a confronto per una migliore presa in carico della cronicità".

Se si somma il fenomeno dell'emigrazione a quello dell'abbandono della professione (in Italia il 36% degli infermieri dichiara di voler lasciare il luogo di lavoro entro 12 mesi; di questi il 33% dichiara di voler lasciare la professione), è subito chiaro che lavorare sull'attrattività della professione non è più rimandabile. Segnali positivi la Fnopi ne coglie nella cancellazione del vincolo di esclusività per gli infermieri, arrivata con l'approvazione del Decreto Bollette.

A riguardo, Mangiacavalli parla di un passo storico, che spero sia il primo di una lunga serie, anche una innovazione nei rapporti di lavoro nell'esercizio professionale. L'infermiere, in Italia, è nato come lavoro dipendente o libero professionista puro. Ieri, con l'emendamento inserito nel Decreto legge approvato in consiglio dei ministri, è stata tolta una cosa che ci portavamo dietro da 30 anni, ovvero l'incompatibilità del cumulo di impiego.

Bene stop vincolo esclusività, ora aprire a convenzionamento per gli infermieri

Un tassello importante, una decisione storica - prosegue Mangiacavalli - e devo dare atto al ministro e a tutto il suo staff. Un tassello a cui, però, dobbiamo subito aggiungerne un altro, quello di aprire anche alla possibilità del convenzionamento per gli infermieri.

Se il futuro è rappresentato dalla cronicità e dalla fragilità - sottolinea - abbiamo davvero bisogno di mettere a terra modelli organizzativi che ci orientano a lavorare insieme. Non credo che oggi nessuna professione sanitaria possa pensare di lavorare da sola, dato il panorama così complesso. La sinergia è fondamentale.

Mangiacavalli: Investire su professionisti, le "gambe" su cui cammina il Ssn

Non solo luci, però, ma anche diverse ombre: I professionisti sono le gambe su cui cammina il Sistema sanitario nazionale, sono il capitale intangibile, senza di loro non esiste il Servizio sanitario nazionale. Ma per questo capitale intangibile non si stanno mettendo in atto politiche di valorizzazione, ammonisce Mangiacavalli. I modelli organizzativi sono rimasti quelli del 1968, peccato che dal 1968 siano profondamente cambiati i bisogni di salute dei cittadini: l'età media si è innalzata e noi non stiamo invecchiando in buona salute e con una buona qualità di vita.

Noi professionisti in questi anni abbiamo fatto enormi passi in avanti, siamo capaci di confrontarci, di costruire, di mettere al centro il nostro assistito e di costruire attorno il modello organizzativo. Abbiamo però bisogno che, insieme a noi, ci sia qualcuno che ci creda

Nel corso degli anni - ha poi sottolineato Mangiacavalli - non si sono adeguati i modelli per valorizzare il lavoro di équipe, le competenze. Quando parlo delle case di comunità, utilizzo spesso la simbologia del "condominio di comunità", perché con l'investimento fatto solo sui muri e sulla tecnologia, senza un lavoro parallelo di costruzione del senso dell'équipe tra i professionisti che devono popolare quelle strutture, si rischia di avere il condominio di comunità, ovvero una serie di situazioni o di servizi dove il cittadino deve sapersi orientare e suona al citofono del professionista o del servizio di cui hai bisogno.

Scopri i master in convenzione

Commento (0)