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editoriale

Gli infermieri marciano su Roma, ma che fatica

di Ferdinando Iacuaniello

Tre piazze, due sindacati, un paio di “movimenti”: il 15 ottobre a Roma gli infermieri hanno manifestato così il proprio disagio. A rivendicare la valorizzazione di una professione bistrattata c'era chi ci crede davvero, chi è riuscito a liberarsi dagli impegni di lavoro (non era uno sciopero, non ancora), chi non ha rinunciato a sperare e chi non se la voleva perdere, non questa volta. Obiettivi simili ma non troppo, tre piazze diverse e il rischio che la ragione del distanziamento non sia stata quella anti-Covid.

Due sindacati, obiettivi simili ma non troppo, piazze e stili diversi

Montecitorio, Piazza del Popolo, Circo Massimo. Giovedì 15 ottobre gli infermieri - seguendo rispettivamente i sindacati di categoria NurSind e Nursing Up – sono scesi in piazza per chiedere l’uscita dal comparto. Serve un’area contrattuale autonoma: questo il leitmotiv delle tre manifestazioni parallele che hanno agitato Roma.

È una rivendicazione sbandierata ormai da tempo ai limiti dell’ossessione e, estremismi a parte, sembra davvero la strada che la professione deve battere per fare passi avanti concreti dal punto di vista contrattuale. Un naturale processo di maturazione della compagine infermieristica, che potrebbe trascinare dietro di sé tutte le altre professioni sanitarie.

Ma siamo sicuri che gli infermieri siano così consapevoli di che cosa significhi “uscire dal comparto”?

Abbiamo iniziato a chiedercelo e a chiedervelo. I vantaggi sembrano tanti, ma c’è sempre un’altra faccia della medaglia e non possiamo trascurare niente. Non questa volta, perché sembra quella giusta: si percepisce una forza maggiore nel “grido” di richiesta, complici le fatiche degli ultimi mesi e le tante promesse della politica che ci ha lasciati ancora con un pugno di mosche in mano. Ecco perché questo è il momento giusto per far sentire la voce degli infermieri, ma è il momento di non ripetere errori già commessi.

Mi si passi una visione nuda e cruda: se è vero che “homo homini lupus” (e lo è), questo vale anche per gli infermieri e i sindacati degli infermieri, tanto più se nel sistema ci si mescolano interessi, tessere, rappresentanza, visibilità.

Difficilmente sapremo se chi dice di rappresentare i singoli lo farà mettendo davvero al primo posto gli interessi di chi lavora (tre piazze differenti sono una misura anti-Covid o il frutto di un’insanabile incomunicabilità?), ma una cosa certa c’è: è necessario pretendere e non stancarsi di farlo. Avrei voluto vederlo fare con le bandiere di un’organizzazione sventolare nella piazza dell’altra e viceversa. Avrei voluto vederlo per poterlo raccontare.

Siamo cambiati

È il mantra degli ultimi mesi: la pandemia ha messo a dura prova i professionisti sanitari. Gli infermieri hanno dimostrato di esserci, hanno risposto “presente”, hanno saputo prendere in carico gli assistiti e si sono presi in carico gli uni con gli altri.

Molti, troppi, sono deceduti; altri, sempre troppi, sono crollati emotivamente e altri ancora crolleranno. Siamo cambiati, confidano le decine di testimonianze di dirigenti, coordinatori e infermieri raccontando vissuti che ci porteremo dentro per molto tempo. Per sempre, azzardano alcuni.

Durante l’emergenza Covid-19 è stato tutto diverso. Certo, sembrava uno stato di guerra e chi si sognerebbe di rifiutare un cambio turno improvviso o di saltare uno, due, tre riposi in tempo di guerra? Così è stato, nessuno si lamentava. Testa (mascherata) bassa e pedalare.

Uno spirito di sacrificio condiviso, che così sacrificio poi non sembrava; era il minimo che si dovesse fare. Era il minimo occuparsi della formazione di giovani nuovi colleghi catapultati in prima linea, mentre si portava avanti il proprio lavoro. In una condizione di emergenza senza precedenti.

Avete idea di che cosa possa significare formare qualcuno mentre accanto ti cadono bombe, virulente od emotive che siano?

Sì, se siete infermieri lo sapete molto bene. Dovremmo continuare con quello spirito, si rifletteva nell’ultima riunione di redazione. È con quello spirito che dovremmo scendere in piazza, che sia per il giusto riconoscimento professionale o per un nuovo contratto. Di certo, per una nuova consapevolezza di noi.

Siamo cambiati tanto, negli ultimi mesi così come negli ultimi vent’anni; è il momento di “comunicarci” e se parte dell’utenza ha imparato a conoscerci solo grazie all’emergenza Covid, alla politica non può più essere concessa ignoranza sulla categoria professionale più numerosa in assoluto in Sanità. Anche di questo è ora di essere consapevoli.

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Commenti (1)

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2 commenti

Infermieri siate umili e fate il vostro lavoro

#1

Articolo davvero sconclusionato o forse chiaro agli addetti ai lavori nei sindacati. A me pare che molti di questi operatori sanitari non abbiano coscienza del proprio ruolo e probabilmente molti sono frustrati dal fatto di dover prendere indirizzi dal medico di turno, quando in realtà sarebbe il loro compito principale. Facciamo che la infermieristica la cancelliamo proprio, lasciamo medicina all'università e poi dopo ciascuno sceglie se essere esecutore di cure o individuatore di soluzioni per le malattie.