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COVID-19

Green pass e tamponi, verso il D-Day del 15 ottobre

di Monica Vaccaretti

Molti, tra gli infermieri, pensano che il caos regnerà soltanto per un paio di settimane perché la gente alla fine aderirà, anche controvoglia, alla vaccinazione nell'impossibilità di sostenere la spesa del tampone per troppo tempo. Altri pensano che l'obbligo del green pass sarà abolito dal Governo con un altro decreto, perché altrimenti il sistema crolla. Molti ritengono che tale imposizione decadrà al termine dello stato d'emergenza.

C'è da temere che dalle piazze la rabbia si porterà nei luoghi del tampone?

Dal 15 ottobre l'offerta di tamponi nei vari tamponifici d'Italia è rivolta a tutti - gratuiti con impegnativa del curante e a pagamento con prezzi calmierati per tutti gli altri - per ogni tipologia di utenza ed esigenza personale, anche lavorativa ai fini non solo del contenimento del contagio, ma anche per il rilascio della certificazione verde. Probabilmente sarà necessaria la prenotazione obbligatoria, per regolare l'alto flusso che ci si aspetta nelle prossime settimane che saranno inevitabilmente molto difficili.

Si presume che al servizio accederanno maggiormente tutti coloro che non sono vaccinati: secondo la Fondazione Gimbe sono 8,4 milioni gli over 12 non vaccinati, di cui 3 milioni over 50. Secondo i dati del Ministero della Salute al 6 ottobre risulta vaccinato con ciclo completo il 69,6% della popolazione e il 76,5% ha almeno una dose. Nino Cartabellotta, presidente di Gimbe, denuncia che tra questi 8,4 milioni di italiani ci sono 4-5 milioni di lavoratori non vaccinati. Se queste persone non si vaccineranno in questa prima settimana di obbligo del green pass per accedere al posto di lavoro bisognerebbe fare 12-15 milioni di tamponi a settimana e questo non è proprio fattibile perché non abbiamo questa capacità produttiva. Ragionando con questi dati posso solo aggiungere, come lavoratrice che sta dalla parte di chi fa tamponi, che non si tratta soltanto di una incapacità produttiva.

Oltre ai tamponi per i lavoratori sprovvisti di vaccinazione e di attestazione di guarigione dal Covid-19, continueranno ad esserci i tamponi per i sintomatici tipicamente Covid, quelli che perdono ancora il gusto e l'olfatto come alla prima ondata. Tamponi per fare diagnosi differenziale dalla semplice influenza, che quest'anno ritorna visto che non c'è obbligo di mascherina all'aperto (dicono già in Gran Bretagna che sarà la peggiore di sempre).

Tamponi per i contatti di positivi. Tamponi per sanitari che son tornati a contagiarsi a tal punto da dover ricorrere alla cura con anticorpi monoclonali, forse per via di un vaccino fatto oltre sei mesi fa. Tamponi per gli studenti delle scuole di ogni ordine e grado al primo positivo in classe per andare in quarantena o per evitare la dad. Tamponi per i bambini, compresi i neonati, ad ogni starnuto e linea di febbre per accedere alle visite pediatriche.

Tamponi per ragazzini under 12 che devono poter andare alle loro attività ludiche e sportive pomeridiane extrascolastiche. Tamponi per i giovani che vogliono avere il diritto inviolabile di andare a farsi una birra e una pizza. Tamponi per gli splendidi quarantenni a cui serve il green pass per andare alle cene con gli amici, alle terme e ovunque li porti il diritto inviolabile di divertirsi in questa illusoria normalità e pericolosa riapertura al 100%. Tamponi per chi prende un aereo per andare in vacanza anche nei posti più contagiati e contagiosi, perché le ferie sono sacrosante o gira il mondo necessariamente per lavoro con tutte le precauzioni e l'osservanza delle varie disposizioni.

Tamponi per i nonnini vaccinati che si contagiano allegramente alle tavolate dei battesimi, cresime e comunioni dei nipotini e si chiedono: come mai, sono vaccinato per Dio a cosa serve il vaccino allora?! Tamponi urgenti per chi deve accedere in ospedale per un ricovero o un intervento chirurgico, anche fuori regione. Tamponi per chi va a trovare un caro in RSA. Tamponi di screening per i sanitari, i fragili, i disabili delle comunità e dei Centri Diurni. Tamponi per gli indigenti dei ricoveri notturni. Mi scuso se ho dimenticato qualcuno. Ma sono tanti. Gente che sta male. Gente che sta bene. Tanta gente. Troppa. Impossibile starci dietro, tra no vax, no green pass, no Covid. Forse ci salviamo dall'assalto se ci sono in giro anche i no tamp.

Tenendo conto che in Italia la massima capacità di processare tamponi in 24 ore è di circa 400 mila tamponi al giorno, come è stato anche nei tempi peggiori della pandemia, mi sembra evidente che non riusciremo a tamponare tutti. È matematico, come è logicamente ovvio che manchino fisicamente tutti questi tamponi sul mercato o ci sarà presto una importante carenza, come denunciato anche da Federfarma.

Mancano probabilmente in molte strutture recettive gli spazi adeguati per accogliere la massa di persone che devono necessariamente attendere l'esito dell'antigenico rapido e la consegna del referto, ci saranno inevitabili lunghe file agli ingressi. E mancano le risorse più importanti, gli infermieri.

Riuscirà poi il sistema informatico del Ministero della Salute che invia le notifiche ai tamponati e genera i QR Code del Green pass a rispettare i tempi di tutti coloro che ne hanno urgenza per andare a timbrare il cartellino? Finora ci volevano un paio di ore per ricevere il codice Authcode dal sito governativo necessario per accedere all'App Io ed Immuni. Riuscirà il portale della regione a non andare in tilt per l'immensa quantità di anagrafiche e di referti da inviare a Roma?

In Veneto si stima che saranno circa 590 mila i lavoratori che tra farmacie e punti tamponi dovranno farsi tamponare ogni 48 ore per andare al lavoro, ogni giorno come ogni giorno prima normale, se non vogliono essere sospesi dallo stipendio oltre a non poter accedere per legge alla loro scrivania o postazione. In Veneto il Governatore ha disposto soltanto pochi giorni fa che dal 15 ottobre i Punti Tamponi Covid-19 restino aperti sette giorni su sette almeno fino al 31 dicembre, termine dello stato di emergenza per l'anno 2021. Ha dato disposizioni che l'accesso sia garantito dalle 7 alle 23 per agevolare tutti coloro che non si sono ancora vaccinati.

Le farmacie - che non possono tamponare sintomatici, soggetti in quarantena e contatti di positivi - sono prese d'assalto dai lavoratori ed hanno già esaurito le liste fino a Natale. Non ce la fanno a sostenere il fenomeno a lungo termine, i farmacisti dicono che sono farmacisti e non possono passare il loro tempo a tamponare ogni cinque minuti. Hanno ragione, ognuno deve rivestire la propria professionalità. I medici di famiglia possono tamponare solo i sintomatici; mi piacerebbe condurre un’indagine conoscitiva per sapere quanti sono quelli bravi come il mio che visita in tuta anti Covid e facciale e fa tamponi a centinaia di suoi assistiti in una stanza dell'ambulatorio e in modalità drive in sotto lo studio.

Alle Ulss venete tocca rinforzare la compagine infermieristica

Aumentando le ore di lavoro giornaliere, oltre quelle contrattuali settimanali. Stravolgendo i turni e la pianificazione dei riposi. Chiedendo di lavorare in prestazione aggiuntiva, in libera professione rinunciando al riposo. Bandendo con urgenza manifestazioni di interesse per centinaia di infermieri dell'azienda disposti a garantire turni di servizio in orario aggiuntivo, oltre l'orario programmato nella propria U.O, presso i Punti Tamponi Covid-19.

Questa è la soluzione. Non ce ne sono altre, quando ci sono i soldi ma non c'è manodopera. Ci sono infermieri sospesi perché no vax. Ci sono infermieri che vanno in pensione. Ci sono infermieri malati, anche di long Covid. Ci sono poi centinaia di maternità. Gli infermieri in ogni caso sono generalmente stanchi, esasperati, arrabbiati. Delusi, amareggiati. Le scrivanie dell'Ufficio Personale dicono essere ingombre di domande di licenziamento da evadere, mai capitato.

Mi trovo a chiedermi che lavoro fanno a fare gli infermieri che hanno l'ardire di licenziarsi? È coraggio o esasperazione? Aprono una partita Iva, non necessariamente infermieristica? Lasciare l'ospedale, dopo averci lasciato sonno amore e vita, non è mai una scelta facile. Credo si tratti piuttosto di sbattere una porta, senza guardarsi indietro. Senza versare una lacrima quando si arriva a questi livelli di frustrazione e burnout.

Se nelle piazze c'è un clima di rivolta popolare, c'è un clima stanco negli ospedali. Di fronte a questo record di dimissioni dal lavoro, forse siamo di fronte al Disturbo da stress post traumatico tra gli operatori sanitari. È un recente fenomeno collettivo che riguarda anche altre categorie di lavoratori, come denunciato da un recente studio americano.

A tutti gli infermieri viene richiesta una grande disponibilità in surplus

Ma a volte il senso del dovere non basta a sopperire le carenze, per molti la stanchezza è andata oltre la grande professionalità, per altri l'adeguato trattamento compensatorio vale il sacrificio che probabilmente non sarà l'ultimo, per alcuni non ci sono soldi che valgono così tanto quanto la propria salute psicofisica e il benessere mentale.

Il rischio di ammalarsi, anche non di Covid, è tanto quando si è stanchi. E poi qualcuno rivendica e ricorda che anche noi infermieri abbiamo una vita fuori. Una famiglia. Una qualche forma di socialità. Anche semplicemente la voglia di non fare niente. Di stare in casa. Di guardare le nuvole in cielo. Di non pensare. O pensare ad altro. Di pensare di stare in un mondo “non covidizzato”.

Hanno ragione i farmacisti. Anche gli infermieri devono fare gli infermieri, non sono solo tamponatori alla day open day all time. E gli infermieri non fanno soltanto gli infermieri. Come tutti gli altri lavoratori, tengono famiglia, bambini piccoli che non sanno a chi affidare, tengono sogni di una vita diversa forse migliore, anche professionale.

Tengono aspettative di fare gli infermieri, non solo di essere vaccinatori e tamponatori. Tengono la voglia matta di tornare in ospedale, fanno i salti di gioia quando dal tamponificio vengono trasferiti in chirurgia generale, in medicina alta intensità e finalmente in Sala Operatoria. Giulia. Laura. Helen. Il vostro posto è in corsia. Credete che quello sia il modo più bello di essere infermieri, il luogo più idoneo. In realtà si è infermieri ovunque, anche nel territorio. In strada. In un centro vaccinale e in punto Covid.

Molti, tra gli infermieri, pensano che il caos regnerà soltanto per un paio di settimane perché la gente alla fine aderirà, anche controvoglia, alla vaccinazione nell'impossibilità di sostenere la spesa del tampone per troppo tempo. Altri pensano che l'obbligo del green pass sarà abolito dal governo con un altro decreto, perché altrimenti il sistema crolla. Molti ritengono che tale imposizione decadrà al termine dello stato d'emergenza.

In realtà finora l'aderenza di fronte all'obbligo è stata davvero minima rispetto alle aspettative e con la speranza di raggiungere il 90% di copertura vaccinale. E il Presidente del Consiglio ha già redatto un nuovo dpcm con le linee guida per agevolare il controllo dei lavoratori da parte del datore di lavoro. Alcuni esponenti del Governo accennano ad una probabile revisione dell'obbligo del green pass e ad un suo eventuale alleggerimento a seconda dei dati epidemiologici dei prossimi mesi. Anticipano che se ne potrà forse riparlare con il nuovo anno, ma alla vigilia del grande caos preannunciato, il Governo non arretra nella sua scelta e non ritira la disposizione, anche alla luce delle evidenti criticità e nonostante le violente proteste delle piazze. Del resto, la soluzione è il vaccino, possibilmente mantenendo la volontarietà ma tenendo l'obbligo come ultima possibile ratio da mettere in atto.

Complotti, disinformazione e propaganda hanno fatto grande danno alla campagna vaccinale, ma soprattutto nelle persone. Lo strappo con le istituzioni è forse insanabile tra le persone influenzabili, impaurite, poco scolarizzate. Sono davvero convincibili queste persone diffidenti? C'è da temere che forse dalle piazze la rabbia si porterà nei luoghi del tampone così come la rivolta dilagherà quando ci sarà lo scontro sui luoghi di lavoro per far rispettare l'obbligo del green pass e il controllo dei lavoratori.

Molti della massa operaia e dei colletti bianchi, delle forze dell'ordine e dei camici bianchi, dei dipendenti pubblici e privati, non hanno purtroppo capito che il green pass applicato al lavoro è sì uno strumento coercitivo per indurre alla vaccinazione non obbligatoria, ma è anche inteso come uno strumento per evitare o tenere sotto controllo i cluster anche negli ambienti di lavoro, come nei teatri e nei ristoranti.

Non esiste diritto senza dovere. Il diritto alla salute è anche un dovere verso la salute degli altri e soprattutto in corso di una pandemia il diritto/dovere alla salute è elemento prioritario per tutti gli altri diritti costituzionali e doveri civili, anche quello della libertà e del lavoro. Chi protesta contro il green pass, esercitando il diritto di manifestare liberamente il proprio dissenso e pensiero, non si rende conto che la vaccinazione, che si rifiuta ostinatamente in nome della libertà di scelta, tutela indirettamente anche la loro salute altrimenti minacciata. Ma la loro testardaggine per partito preso va a minacciare la salute di tutti.

Infermiere

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